sabato 28 gennaio 2012

Artemisia Gentileschi

Autoritratto come allegorica pittura
Nel corso del mio soggiorno a Lecco ho fatto una capatina anche a Milano, dove si teneva una mostra fuori dal comune: Artemisia Gentileschi.
Questa grande donna vissuta nel 1600, fu una delle prime artiste riconosciute da quell'epoca. I canoni e gli standard dell'epoca non permettavano alla donna di possedere un arte raffinata come la pittura, pare sia solo gioia nelle mani di artisti uomini e che alle appartenenti del gentil sesso siano attribuite ben altre opere come il ricamo e l'intreccio di merletti messi a secondo piano. Questa spettacolare donna visse dal 1593 al 16553, è una delle poche protagoniste femminili della Storia dell'arte europea. Ma è anche la protagonista di una torbida vicenda a tinte fosche o, per meglio dire, "caravaggesche", infarcita di elementi sentimentali, erotici, patetici e fantastici, in una brillante fusione romanzesca, insomma Artemisia è la protagonista ideale del romanzo ideale (e infatti svariati romanzi si sono ispirati alla sua vita).
Certamente la carriera artistica (come qualsiasi altra carriera) è sempre stata pressoché impraticabile per le donne, costrette nei limiti che la società imponeva loro, limiti di natura culturale (assenza pressoché totale di una preparazione scolastica) e familiare (nelle famiglie patriarcali la donna era preposta all'accudimento di tutti i suoi numerosi elementi).
Autoritratto con il liuto
Artemisia Gentileschi, che ebbe modo di fare fruttare il suo talento, è stata una delle poche donne "sfuggite" tra le maglie di questo rigidissimo sistema sociale, tuttavia la sua sofferta vicenda privata si è spesso sovrapposta a quella di pittrice generando molte ambiguità.
Negli anni Settanta la sua popolarità ha raggiunto il vertice soprattutto per via della vicenda che la vide accusare il suo violentatore (al punto da sottoporsi allo schiacciamento dei pollici per confermare l'attendibilità delle sue accuse, cosa che per lei, pittrice, non dovette essere solo un dolore fisico). Artemisia è divenuta così il simbolo del femminismo e del desiderio di ribellarsi al potere maschile: tuttavia questo fatto le fece un grande torto: l'avere spostato l'attenzione (ed averle attribuito un particolare successo) sulla vicenda dello stupro, mettendo in ombra i suoi meriti professionali, ormai ampiamente riconosciuti dalla critica, a partire da Roberto Longhi e dal suo pionieristico articolo del 1916 Gentileschi padre e figlia.
Susanna e i vecchioni
A volte questa lettura "a senso unico" della pittrice ha creato giusti malumori: per Camille Paglia, a volte Artemisia è diventata un'etichetta da utilizzare anacronisticamente per avanzare rivendicazioni infarcite di retorica femminista.
Negli anni Settanta la Gentileschi divenne un vero e proprio simbolo del femminismo internazionale: associazioni e cooperative le si intitolarono - a Berlino l'albergo "Artemisia" accoglieva esclusivamente la clientela femminile - riconoscendo in essa una figura culto, sia come rappresentante del diritto all'identificazione col proprio lavoro, sia come paradigma della sofferenza, dell'affermazione e dell'indipendenza della donna.
Per la nota polemista e leader del movimento femminista internazionale Germaine Greer Artemisia Gentileschi fu la grande pittrice della guerra tra i sessi, affermazione, di fatto, estremamente riduttiva: un pittore con tanto talento come la Gentileschi non può limitarsi a un messaggio ideologico.

Artemisia e il suo tempo
Maria Maddalena
Il Seicento, il "secolo d'oro", intessuto di mirabili contraddizioni e meravigliose esperienze, vede fronteggiarsi aspramente due mentalità: alle posizioni conservatrici della Chiesa (lo spirito della Controriforma è ancora vivo e operativo nel Seicento, anche in virtù dei nuovi ordini religiosi come i Gesuiti, gli Oratoriani, i Teatini) si oppongono le spinte progressiste intorno alla questione della conoscenza sensibile in quanto premessa alla conoscenza razionale. Sostenitori dell'alternativa naturalista sono Bernardino Telesio (1509-1588), il cui De rerum natura fu messo all'Indice, Tommaso Campanella (1568-1639), costretto per anni in carcere, e Giordano Bruno (1548-1600), bruciato in Campo dei Fiori. Sul loro esempio Galileo Galilei (1564-1642) avrebbe teorizzato il metodo induttivo sperimentale.
Galileo indubbiamente contribuì al sentimento di destabilizzazione che iniziava a serpeggiare nella società europea dell'epoca, il sentimento di un uomo che si sentiva sempre più piccolo, su un pianeta non più al centro dell'universo. Questi infatti, tramite i suoi studi sulla luna e le stelle effettuati grazie al telescopio, aveva visto cose mai osservate prima da occhio umano. Sulle prime, inevitabilmente, l'urto tra il materialismo di Galileo e dell'Accademia dei Lincei e la volontà della Chiesa di mantenere il monopolio sull'interpretazione della natura fu imponente. Le vicende artistiche all'aprirsi del Seicento vedono la fioritura di varie correnti: il Naturalismo di Caravaggio e seguaci, il Classicismo dei Carracci e degli emiliani, l'esperienza barocca di Pietro da Cortona, di Bernini e Borromini; mentre inizia a delinearsi in maniera autonoma la pittura di genere.

Il potere delle immagini tra sacro e profano
Giuditta che decapita Oliferne
Parlando dell'ambiente artistico romano degli inizi del Seicento non si può dimenticare l'atmosfera conservatrice creatasi in seguito al Concilio di Trento (1545 - 1563). Gli articoli relativi alla disciplina nel campo delle arti visive erano incentrati sul valore didascalico e morale delle immagini, e rifiutavano la presenza di sensualità e lascivie nelle pitture sacre. Però, malgrado tante autorevoli pubblicazioni in merito, la chiesa post-tridentina continuò a tollerare una situazione di fatto molto più ambigua; anzi, una delle caratteristiche che definiscono lo stile barocco è proprio la fusione tra sacro e profano.
Il rinnovato gusto per i piaceri sensuali cresceva con l'avanzare del secolo, mentre assurgeva a valore estetico il sadismo, anzi, più precisamente la contrapposizione tra sensualità, grazia angelica e violenza.



Ciò che è quasi orribile può esserlo ancor di più quando viene offesa la bellezza.

Giuditta con la sua ancella
Il tabù della nudità sacra si scontrava con il crescente desiderio degli artisti di rappresentare realisticamente l'anatomia, e in questo senso Caravaggio operò un'ulteriore sterzata in direzione di un avvicinamento alla realtà sensibile. Artemisia non fece eccezione: il suo repertorio trasuda erotismo e violenza.